I versi dal 3 al 9 della I Corinti cap.15, rappresentano un capolavoro di sintesi sul tema della resurrezione, in cui l’autore, l’apostolo Paolo, chiarisce definitivamente il suo pensiero sull’argomento, senza lasciare spazi ad ulteriori riflessioni o speculazioni intellettuali che agitavano non poco la comunità di Corinto.
Alla fine del XIX secolo e per buona parte, almeno la metà, del XX secolo, alcuni orientamenti teologici hanno voluto leggere in questi versi un “resoconto” storico, sia pure sintetico, della “resurrezione” da parte di Paolo, altri addirittura li ritengono il suo tentativo di dimostrare “storicamente la resurrezione“.
Il teologo Karl Barth, viceversa, ritiene vero praticamente l’opposto : in questi versi Paolo ignora, anzi tende ad eliminare, la formulazione di qualsiasi domanda di natura storica sull’evento della resurrezione. Per Paolo non ha senso parlare del fondamento di “prove”, di “fatti” della resurrezione, perché il vero “fondamento” è trasmettere “ciò che ha ricevuto“.
Paolo chiarisce ai Corinzi , prima di tutto , in aperta polemica con tutti i suoi delatori che erano presenti all’interno della comunità, che il “ Vangelo “ che lui trasmette , non è il “suo Vangelo“, semplicemente sta trasmettendo ciò che ha ricevuto, la sua predicazione coincide in toto con quella della comunità delle origini. Anche se alcuni tentano di risalire ad un Vangelo al di là del messaggio di Paolo, un Vangelo, semmai, più storicamente fondato, più influenzato dalla
cultura contemporanea, la loro ricerca sarà del tutto inutile.
I versi da “3 a 5“ evidenziano una importante successione di eventi , per i quali Paolo non intende fornire nessuna prova storica ma solo “scritturistica“ (secondo le Scritture ). La successione è: morì, fu sepolto, è resuscitato, apparve.
Morì per i nostri peccati …, è uno dei fondamenti dell’annuncio evangelico, ovvero la fine del nostro peccato alla fine della storia, quando tutto sarà storicamente compiuto.
Fu sepolto…, questo è l’unico inequivocabile fatto “storico” che Paolo si concede in merito alla sua “trasmissione” sul tema della resurrezione. Tuttavia, questo fatto storico, lascia “la bocca asciutta” , non si aggiunge altro. Paolo lascia che dopo di lui siano i Vangeli a dare indicazioni sul quando , sul come ,sul dove della tomba vuota. Saranno i Vangeli , in modi differenti , che racconteranno della pietra “rotolata “, della meraviglia e spavento delle donne prima e dei discepoli poi davanti al sepolcro vuoto. Ma anche gli stessi autori dei 4 Vangeli, non sviluppano alcuna deduzione dall’evento della tomba vuota , non è questa costatazione che può confermare l’avvenuta resurrezione . L’ermetica affermazione di Paolo ,” fu sepolto” , è rispettosa di ciò che gli è “ stato trasmesso“.
Fu resuscitato al terzo giorno secondo le scritture e apparve ( òfte ) a Cefa e quindi ai dodici. Ecco cosa è veramente importante per Paolo , non ciò che videro i discepoli nella tomba vuota bensì che “Cristo apparve ( òfte )“, questa è rivelazione! Colui che apparve è il Cristo risorto! Alcuni teologi di inizio XX secolo (anche prima) non esitavano a definire queste apparizioni del Risorto come semplici “ visioni” , per cui il loro pensiero oscillava tra una “mitologia” del Risorto e uno “spiritualismo” che, a loro parere, pervase i primi cristiani.
Siamo di fronte a una chiara negazione della Resurrezione. Siamo completamente lontani da ciò che intende dire Paolo sulla Resurrezione: una vera azione di Dio che occhio non vede, orecchio non sente …., che non entra nel cuore dell’uomo in modo “ mistico o spiritualistico “ ma “ solo come fatto storico di Dio “ , che come tale può
essere compreso “solo” nella categoria della rivelazione e in nessun altra (K. Barth) .
L’apparizione del Risorto è comprensibile solo come rivelazione ed in nessun altro modo , ecco il contenuto centrale e fondamentale che Paolo ha ricevuto e ha ritrasmesso ai Corinzi . Ecco la pietra d’inciampo che fa scandalizzare molti della comunità: Cristo vive! Il riferimento di Paolo ai numerosi testimoni che hanno visto il Risorto , non è il tentativo di
una prova storica , d’altra parte molti dei Corinzi non sentivano il bisogno di una simile dimostrazione , ciò che essi contestavano a Paolo è la conseguenza radicale della Resurrezione di Cristo che avrebbe implicato la “ resurrezione dei morti “.
Paolo si ritrova a combattere contro questa incredulità . Citando tutti i testimoni dell’apparizione del Cristo Risorto: Cefa, i dodici, più di cinquecento, Giacomo, tutti gli apostoli, lui compreso …, Paolo vuole “accerchiare“ i Corinzi, costringerli a trarre le estreme conseguenze dal loro credere la Resurrezione di Cristo: se credete questo…., per la rivelazione, allora dovete anche credere nella “ nella resurrezione dei morti “.
In tutto il capito 15 della I ai Corinzi, Paolo vuole che essi smettano di ritenere la morte un semplice fatto naturale (addormentarsi) seguito dall’esistenza di un’anima immortale, questo sincretismo filosofico/religioso non gli deve appartenere.
Paolo non si rassegna alla morte , non trova pace di fronte alla sua inesorabilità la ritiene un “oltraggio” alla propria esistenza. Non si rassegna all’idea che coloro che hanno “ visto “ il Cristo risorto , ovvero la risposta che la morte di Gesù ha trovato grazie alla forza di Dio , non hanno visto la risposta alla loro morte personale , è impossibile pensare che essi si siano definitivamente “ addormentati” . Possibile che l’apparizione del Risorto sia una semplice esperienza della loro vita che terminerà con il loro “ addormentarsi “?
Ma i versi 17 e 18 affermano: “ … se Cristo non è stato risuscitato, vana è la vostra fede, voi siete ancora nei vostri peccati. Anche quelli che sono morti in Cristo sono dunque periti ….. “.
I Corinzi non possono pensare che la resurrezione è stato solo un prodigio unico e irripetibile, essa è la “rivelazione del prodigio che Dio compie per tutti gli uomini“. Viceversa vita e morte resterebbero prive di senso.